
E’ stato davvero emozionante conoscere di persona la 94enne Flora Monti, in occasione della proiezione del docu-film “Flora”.
Lucida, simpatica, capace di sorridere alla vita, con il suo accetto emiliano, Flora Monti è stata la più giovane staffetta partigiana della resistenza italiana. Incontrarla è stato un momento che resterà scolpito nel cuore di chi era presente in sala e di tutte le persone che avranno l’occasione di vedere il docu-film “Flora”, della regista Martina De Polo.
In collaborazione con ANPI e MUNICIPIO 3, “Flora” fa parte della rassegna curata da Franco Dassisti, che ha moderato il dibattito, prima e dopo la proiezione.
L’idea di realizzare la pellicola è venuta alla regista Martina De Polo, che, con il collega Alex Sforza, ha assistito a una rappresentazione teatrale sulla vicenda di Flora. Desiderosa di raccontare la storia, ha messo in atto una raccolta fondi per finanziare il progetto e ha scelto, tra i molti provini, Deina Palmas, una ragazzina che non ha mai recitato, ma che ha dichiarato di non voler fare l’attrice, ma essere Flora nel film: un modo per dare il suo giovane contributo e testimoniare il valore della Resistenza e di quel gesto coraggioso.

Flora Monti aveva solo 12 anni quando, tra il 1943 e il 1944, ha deciso di partecipare alla staffetta partigiana, portanto i suoi messaggi sull’Appennino bolognese. Viveva con la famiglia a Monterenzio: erano tutti antifascisti, a partire dal nonno Achille, che si era rifiutato di prendere la tessera del partito di Mussolini.
“Era noto in paese e forse, per questa ragione, dopo l’8 settembre, ci trovammo nel cortile di casa, una ventina di ragazzi fuggiti dal distretto militare di Bologna, con ancora addosso la divisa” racconta Flora e la regista riporta questo nitido ricordo nel film, coinvolgendo gli attori di quella compagnia amatoriale che mise in scena la vicenda di Flora. Copre loro il volto con le maschere, per intrecciare i diversi linguaggi della Commedia dell’Arte e per l’uso simbolico di quest’ultima, che sarà tolta solo a guerra finita.
In quell’occasione, la madre di Flora vestì i soldati con gli abiti dei fratelli, entrambi partiti per la guerra.
I soldati, che partirono dall’aia di casa Monti, formarono la prima brigata partigiana della zona, la 66ma Brigata Garibaldi Jacchia.
Una vicenda incredibile che dà il coraggio alla giovane Flora di decidere di prendere parte alla staffetta partigiana: è la madre che le intreccia i bigliettini nei capelli, ma quello che più è rimasto nella storia è il messaggio nascosto tra le scarpe. Perquisita dai tedeschi, ha davvero temuto di non farcela: “Mi hanno lasciato con la biancheria intima e ho pensato che, quella volta, non ci sarebbe stato scampo e avrei raggiunto Edera” dice Flora, facendo riferimento all’amica Edera Francesca De Giovanni, catturata, torturata e uccisa il 30 marzo 1944, insieme ad altri partigiani, durante un’azione di prelevamento di armi effettuata nel centro di Bologna.
Per fortuna, la vicenda di Flora ebbe un altro esito: quel bigliettino non uscì dalla scarpa e la ragazza venne rilasciata.

“Una notte accompagnammo due inglesi e un americano in fuga. Ci dissero che se si fossero salvati, avrebbero sparato un colpo dal campanile del Monte delle Formiche. Dopo qualche giorno, sentimmo quel boato e a guerra finita ci arrivò una lettera di ringraziamento, firmata proprio da Winston Churchill”, racconta ancora Flora Monti.
La vicenda dell’allora giovane partigiana, nel film, prosegue narrando anche lo sfollamento, nel 1944, ad opera degli americani, da Bologna a Cinecittà. La zona, oggi sede del Cinema, era adibita a campo profughi. Qui Flora rimanese fino alla fine della guerra, ma lavorò presso una famiglia di Roma come domestica e bambinaia. Fu in quell’occasione che la famiglia si riunì. I fratelli di Flora riuscirono a rientrare e dopo il 25 aprile del 1945 si trasferirono a Bologna, poichè la casa di Monterenzio era stata completamente distrutta. Nel capoluogo emiliano lavorò in bottega e continò a “fare la staffetta”, a bordo della sua lambretta, per consegnare la merce in giro per la città.

Oggi Flora continua a raccontare la sua storia e il suo coraggio andando nelle scuole e promuovendo, quando può, il suo docu-film. Abita a San Lazzaro di Savena; è vedova del marito Orfeo e ha una figlia, Valeria, che l’ha accompagnata anche al Teatro Martinitt di Milano.
Nonostante i suoi 94 anni, Flora continua a partecipare alla vita dell’Anpi e non si perde un comizio politico. Anche in sala ha incitato il pubblico a manifestare e lottare per i propri diritti, in un’Italia che non le piace, che è indifferente ai problemi degli operai e dei più deboli.