La recensione
Il fabbricante di lacrime è stato pubblicato nel 2021 da Salani. Divenne subito un best seller e l’autrice, Erin Doom, scrisse la storia sulla piattaforma di Wattpad e grazie alla comunità dei BookTok nella piattaforma TikTok, riuscì a vendere circa 500.000 copie. Fu il libro più venduto del 2022.
Ora su Netflix è finalmente (perchè in molti l’attendevano) arrivata da versione cinematografica, diretta e scritta da Alessando Genovesi, insieme alla sceneggiatrice Eleonora Fiorini, prodotta da Colorado e dalla Rainbow, ovvero da Iginio Straffi, il papà delle Winx e Alessandro Usai.
Dunque, che dire?
Dato per assodato che questo genere piace tantissimo ai teenager, che sognano l’amore romantico, tormentato e possibilmente dark, la trasposizione cinematografica non è così intensa come le emozioni che il romanzo scatenò. Se nel libro l’autrice ebbe la capacità di mettere in atto lo “show don’t tell”, facendo vivere al lettore la tormentata vita di Nica all’interno dell’orfanotrofio, nel film lo spettatore ascolta molto la sua voce, sente, ma non riesce a immedesimarsi nella sua esistenza presso la famiglia dei Milligan e convivere con i suoi demoni interiori.
Il ruolo di Rigel, il bellissimo e cupo ragazzo che suona il pianoforte come se fosse un dio del male, da cui fuggire, ma allo stesso tempo impossibile da non amare, è interpretato dal rapper Biondo, all’anagrafe Simone Baldasseroni. Nica, il cui nome è legato alla nica flavilla, la farfallina arancione delle foreste pluviali, ha il volto dell’attrice Caterina Ferioli.
Tra i due giovani c’è un’intensa attrazione, eppure c’è un confine misterioso che li separa e che traccia soprattutto Rigel. Le terribili torture vissute in collegio, il senso di reciproco aiuto, ma soprattutto gli strascichi dai traumi subiti, impongono a Rigel di tenere a bada l’amore per Nica e decidere che sia lei a essere felice, come ha sempre desiderato e non entrambi.
All’istituto Grave, la perfida Margaret ha distrutto ogni ragazzo ospite della struttura: ha demolito ogni certezza, ogni forma di passione, ogni possibilità di riscatto tanto che i protagonisti si sentono come “cocci spezzati, rotti, scheggiati” impossibili da aggiustare.
Qui la direttrice dell’orfanotrofio è l’attrice Sabrina Paravicini, che ha voce e lineamenti troppo dolci perchè possa essere credibile nei panni di Margaret, autrice delle malvagità compiute ai danni dei ragazzi del Grave.
Dunque libro o film?
Personalmente vi invito a leggere e poi guardare la trasposizione cinematografica, anche perchè alcune scene mi sono sembrate poco legate tra loro: se non avessi letto il romanzo, forse non avrei compreso la scelta registica. Insomma, il film non mi ha convinta, eppure sono certa, sarà un successo come il romanzo, vista anche la promo intorno all’evento, all’intervista dell’autrice che ora svela il suo vero nome (solo il nome) da Fabio Fazio e il grande labirinto di foglie inaugurato in piazza San Babila a Milano.
Una cosa è sicura. In entrambi i casi sono arrivata alla fine e in alcuni punti mi sono pure emozionata.
Sarà sufficiente per consigliarne la lettura e la visione? Piacerà ai giovani il film?
Fatecelo sapere… nel frattempo, ecco la frase più “a effetto” e che dà inizio alla storia:
Avevo sempre creduto nelle favole. Avevo sempre sperato di viverne una. E ora… c’ero dentro. Camminavo tra le pagine, percorrevo sentieri di carta. Ma l’inchiostro grondava. Ero finita nella favola sbagliata.