La Recensione
In Contare le sedie si ha la sensazione fin dal principio di entrare in un incastro di ricordi ed esperienze che fotografano nitidamente le sfumature di ogni istante facendoci vivere le emozioni uniche di tanti precisi istanti di vita, che si ricollegano l’uno all’altro e a cui si cerca di dare un senso. Un ritratto di donna attraverso tante immagini di donne, tanti piccoli pezzi che vanno a ricomporre un puzzle.
Un diario preciso di voci che si ricompongono e tratteggiano l’esistenza nel suo complesso, perché è necessario assemblare tutti gli elementi, dai più piccoli ai più grandi, per darle un significato.
“Per ritornare dobbiamo chiamare a raccolta tutte noi stesse. Tutte le parti che avevamo abbandonato sia le preferite che quelle discutibili”.
Così seduto in una sedia, perché è proprio lì in attesa del proprio turno che si osservano gli infiniti attimi di ogni esistenza, che Ester Armarino pone il lettore. Lo induce a riflettere, a ricercare e a scandagliare a sua volta la propria vita. Quale è l’obiettivo? Quello di arrivare ad accettare gli infinitesimali attimi della propria esistenza, accogliendo sé stesso e le proprie sfumature. Come? Facendo pace con sé stessi, con “la persona con cui avrai la più lunga relazione della tua vita”.
Così si affonda e si riemerge.
Si percepiscono le vertigini e le cime.
E si perde soprattutto il fiato davanti a un vuoto incommensurabile lasciato dall’assenza della madre.
Si cammina a fianco all’autrice, che con un linguaggio intenso, mai banale, ci porta lungo il sentiero di una vita che può essere la vita di ciascuno di noi.