La recensione
25 di Bernardo Zannoni è il suo secondo romanzo. Al suo esordio con I miei stupidi intenti (Sellerio, 2021), Bernardo Zannoni ha ricevuto numerosi premi, tra cui il prestigioso Campiello nel 2022, ed è stato tradotto in molti paesi.
Il protagonista di questa seconda storia è Gerolamo, chiamato da tutti Gero, che sta per compiere 25 anni. Alla soglia di quest’età, spartiacque tra la gioventù e l’adultità, Gero appare confuso, come sospeso in attesa che gli capiti qualcosa. Che altri o la vita stessa decidano per lui.
“Confuso su tutto quello che gli vorticava intorno”
In 25 Bernardo Zannoni con un fraseggio preciso e ricco dipinge una settimana piena di eventi, ma anche estremamente caotica. Come caotica è la vita di Gero, nonostante l’avvicinarsi di un’età così significativa.
Il primo evento, non certo il meno rilevante, è il tentativo di suicidio di uno dei migliori amici di Gero. Tommy, questo il nome del ragazzo, prova a farla finita nel locale dove si ritrovano e dove trascorrono le serate in allegria. Non muore, ma rimane appeso per tutta la settimana tra la vita e la morte. Mentre Gero continua con la sua vita priva di una direzione: mangia da sua zia Clotilde, l’unica parente che gli è rimasta, e si lamenta di vivere al buio nella villa che sua zia possiede e di cui la donna paga le spese. Perché Gero non lavora.
L’unica che crede in lui è proprio sua zia Clotilde. Donna generosa, che lo accudisce e gli cerca ingaggi come fotografo, perché vede nel nipote un talento in cui lui stesso non crede.
“Sapeva fare belle foto, d’accordo. Per il resto poteva anche gettarsi in un pozzo: non avrebbe fatto alcun rumore.”
25 di Bernardo Zannoni è la storia di un ragazzo, come gli altri che compaiono in questa storia, che avverte di contare poco o nulla all’interno della società. Un ragazzo che pare non voler mettersi in gioco, perché il salire sul palcoscenico della vita gli costa uno sforzo oltre le sue possibilità, o quelle che lui crede di disporre.
Perché in 25 c’è l’affresco, con tutta probabilità, non solo di Gero, ma di una generazione che al momento non vuole prendersi alcuna responsabilità: né di prendersi cura del pappagallo di un amico partito per una breve vacanza, né di fare un periodo di prova lavorativa al mattatoio.
Sono prove, da cui Gero emerge con una riflessione che dice a voce alta all’amico: “Credo di non volere niente.”
Alla fine, è la vita stessa a costringerlo ad affrontare la realtà senza poterle sfuggire impartendogli una lezione molto difficile.
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